PONTILI vie del "progresso"

220 venti denti che mordono il cielo affondano nella terra ingoiando le radici

220 tramonti al metallo segnano i giorni, le notti e i figli.

Vivo su una bianca lingua di terra aperta su un mare nero in cui si mischiano mercurio e petrolio, un cocktail che avvelena di dolore e vittimismo chi ci vive, di voglia di fuggire chi non vuole viverci.

"La Sicilia di oggi ha sincronizzato gli orologi nel tempo del progresso...salinari pescatori contadini che vanno a fare gli operai in questi modernissimi e costosissimi impianti, un fervore di uomini e donne che si avvia verso un domani sereno con un lavoro sicuro. "Così l'Istituto Luce celebrava l'avvento dell'industrializzazione, una delle più grandi violenze nei confronti della Sicilia. Su una zona di interesse archeologico, a rischio sismico fu costruito il primo impianto di quello che in pochi anni è diventato il polo petrolchimico più grande d'Europa. Questo racconto non è una denuncia, ma un riscatto di dignità di un luogo che passa dalla Memoria. È il racconto del sogno della chimica Italiana, il sogno a cui pescatori, contadini, salinari hanno creduto, e del prezzo che oggi stiamo pagando. La parola si confronta con il materiale visivo: ciminiere, metallo, roccia, gli antichi resti di Megara Hyblaea, il mare un po' blu e un po' rosso, l'aria un po' leggera e un po' pesante e nera, il sogno un po' raggiante un po' oscuro. Il linguaggio di questo lavoro è segnato da tutte queste contraddizioni: parole che stridono tra di loro, ritmi incoerenti nella narrazione, visioni di un passato perduto e di un presente arrogante. Nel 2004, quando questo spettacolo è nato era la prima volta che nel territorio si affrontava la questione industrie dal punto di vista storico non degli industriali, era la prima volta che si raccontava un angolo industrializzato e si faceva una rete tra i vari poli in Italia, accorgendoci che la storia era uguale, fatta di devastazione e della volontà di sfruttare i territori laddove la miseria e l'ignoranza lo permettevano.

A proposito dello spettacolo FAVOLA INDUSTRIALE BLUES  (2004)

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